PATAGONIA

“Così il giorno dopo, mentre l’autobus attraversava il deserto, guardavo assonnato i brandelli di nuvole d’argento che si spostavano in cielo, e il mare grigioverde di sterpaglia spinosa sparsa sulle ondulazioni del terreno e la polvere bianca che il vento sollevava dalle saline e, all’orizzonte, la terra e il cielo che si fondevano, mescolando e annullando i loro colori.”
Bruce Chatwin “In Patagonia”


L’idea è l’ispirazione per questo viaggio ci viene da molto lontano nel tempo, più di venti anni fa. Quindi permettetemi di raccontarvi questo aneddoto.
Week end di inverno a Cortina, gennaio, poca gente in giro. Quella sera decidemmo di andare a cena al ristorante Il Capriolo a Vodo di Cadore, con due amici, Alessandra ed Eugenio; era, forse, un venerdì e perciò la sala non era ancora piena e oltre a noi c’erano solamente due anziani signori nel tavolo accanto al nostro.
Stavamo conversando del più e del meno, e più precisamente dell’ultima giacca a vento della Patagonia (nota marca di abbigliamento) acquistata quel pomeriggio, quando la signora seduta nel tavolo vicino al nostro si volge verso di noi e ci dice: “Scusate se mi permetto, ma ho sentito che parlavate di Patagonia, siete andati?  Noi ci siamo stati lo scorso anno, è un posto bellissimo.” 
Sorpresi da questa interruzione, considerando i suoi modi gentilissimi e l’entusiasmo con il quale ne parlava, nessuno di noi ha avuto il coraggio di spiegarle il fraintendimento, ci siamo limitati a dirle che no, noi non eravamo mai andati in Patagonia.
La signora allora continua dicendo “Allora dovete assolutamente andare” e coinvolge anche il suo commensale. Entrambi ci descrivono la bellezza dei paesaggi, l’atmosfera unica, la natura incontaminata, la stagione migliore per andarci (secondo loro, il mese di febbraio) e concludono dicendo: “Voi siete ancora giovani e avrete ancora molto tempo per andarci, ma vi suggeriamo di non lasciare passare troppo tempo, andateci prima che i cambiamenti climatici e gli uomini rovinino tutto!” E scusandosi ancora per l’intromissione, lei riprende la sua cena e noi la nostra.
Sono passati molti anni da quel giorno e considerando che loro non ci sono più, un pensiero, durante questo viaggio, va a loro che in qualche modo ci hanno ispirato questa destinazione.
Lei era Susanna Agnelli e lui il conte Giovanni Nuvoletti.


La Patagonia Argentina si estende dalla Terra del Fuoco a sud, fino al Rio 
Colorado a nord, dalla catena montuosa delle Ande a ovest, fino all’Oceano Atlantico ad est. E’ una zona desertica, molto ventosa, il vento debole o forte, è una costante; completamente piatta, tranne alle pendici delle Ande, scarsamente popolata, circa 1.700.000 persone vivono qui. 
L’attività principale,  oltre al turismo, è l’allevamento delle pecore merinos dalle quali si ricava la nota lana. Le pecore, ma soprattutto gli agnelli sono famosi anche per la loro carne, una delle specialità locali è il cordero asado (agnello alla brace) mangiano solo il latte della madre e la poca erba che trovano nella steppa, per mangiare percorrono molta strada e quindi la carne è molto magra oltre che particolarmente saporita.

La nostra visita a questa regione comincia da sud, da El Calafate cittadina di circa 25.000 abitanti, base di tutte le escursioni al Parco Nacional des Glaciers. 
La vita a El Calafate si svolge sulla strada principale che è piena di negozi e agenzie dove pianificare il tipo di visita che si preferisce; oltre a bar e ristoranti di tutti i tipi. Noi consigliamo il ristorante Mako, se volete andare è meglio prenotare, il locale non è molto grande ed è sempre pieno.

PARCO NACIONAL DES GLACIERS


I ghiacciai della Patagonia sono la terza riserva idrica mondiale, si formano sulla cordigliera delle Ande e “scivolano” a valle in direzione ovest est formando alcuni laghi.
I ghiacciai sono una cosa viva e in continuo e costante movimento; è quindi, uno spettacolo affascinante vedere il ghiacciaio così da vicino, sentirne i rumori, vederne i colori.
Noi abbiamo navigato sul lago Argentino in direzione opposta al loro avanzare, per vedere da vicino, ove possibile, il fronte di questi ghiacciai che scendono a valle nei vari rami del lago.

Dal relativamente piccolo ghiacciaio Spegazzini, che deve il suo nome al botanico italo-argentino Carlos Luois Spegazzini;

L'Upsala, che è il secondo per estensione in Argentina, (il più grande è il ghiacciaio Vielma, molto più a nord, e al quale ci si arriva con alcuni giorni di trekking) e che si può vedere solo da lontano perché nel caso si staccasse un Iceberg, a causa della vastità del suo fronte, l'onda che si creerebbe potrebbe essere molto pericolosa;


fino al più famoso Perito Moreno.



Durante la navigazione per raggiungere i vari ghiacciai si incontrano numerosi iceberg che a causa della pressione combinata del ghiacciaio contrapposta a quella dell’acqua del lago, si staccano da fronte del ghiacciaio e percorrono il lago. Sono bellissimi da vedere soprattutto per i colori che assumono a seconda della concentrazione del ghiaccio, dal bianco candido al blu intenso passando da tutte le gradazioni di azzurro.




Il giorno successivo lo abbiamo dedicato al percorso a piedi sulle passerelle che via terra arrivano fino a circa 300 metri dal Perito Moreno. Ci si sente molto piccoli davanti a questa parete, alta circa 70 metri, di ghiaccio che è il fronte del Perito Moreno; questo fronte avanza di circa due metri al giorno. Per questa ragione, il suo avanzamento, si sentono rumori tipici del ghiacciaio che si muove, continui schiocchi che preludono al distaccamento di un pezzo del fronte che diventerà poi un iceberg.




PENISOLA VALDES
Più a nord la seconda tappa del nostro viaggio è la penisola Valdes. Il motivo principale che ci ha portato in questa parte della Patagonia sono gli animali e più specificatamente la mia passione per i pinguini.

Per arrivare dall’aeroporto di Trelew fino alla penisola Valdes abbiamo percorso circa 200 km attraversando il tipico paesaggio patagonico fatto di piatte steppe sconfinate senza incontrare niente e nessuno se non greggi di pecore.



Prima della penisola vera e propria ci siamo fermati alla Estancia El Pedral nei pressi di Punta Ninfas dove da alcuni anni vive, da aprile a settembre, una colonia di pinguini Magellano. Durante il percorso a piedi per raggiungere la spiaggia dove vive la colonia, se ne incontrano molti che stanno a guardia dei loro nidi, dove i nuovi nati aspettano il cibo, o che semplicemente stanno al sole a scaldarsi dopo un bagno nelle fredde acque dell’oceano.






Dalla Estancia El Pedral abbiamo inoltre raggiunto, dopo una discesa sufficientemente complicata dalla scogliera, una spiaggia dove riposano elefanti di mare.

Prima di lasciare questa destinazione abbiamo anche avuto la fortuna, grazie alla assenza di inquinamento, di assistere ad uno degli avvenimenti astronomici più affascinanti dell'anno, la congiunzione tra la Luna e Venere. (che ho cercato, maldestramente di catturare in questa foto)

Lasciato El Pedral ci siamo diretti sulla penisola vera e propria e abbiamo fatto il giro completo della penisola stessa, il viaggio in macchina, per la verità un po’ lungo, ci ha dato la possibilità di vedere molte cose: prima di tutto la colonia di pinguini che vivono al nord alla Estancia San Lorenzo,

Questa colonia, secondo l’ultimo censimento, conta circa 6.000 pinguini.Grazie alla guida che ci accompagnava siamo riusciti a visitare una parte della colonia solitamente chiusa al pubblico, perché è la parte dove gli scienziati ed in generale gli studiosi fanno ricerca su questi animali, cercando di capire, ad esempio, come riescono a tornare anno dopo anno nello stesso nido e come riescono a trovarlo.
È stata una esperienza molto interessante camminare in mezzo a questa colonia e trovarsi a stretto contatto con questi animali, per me, meravigliosi e un po’ goffi sulla terra ma velocissimi e agilissimi in acqua.
Percorrendo poi la costa est da nord a sud abbiamo visto una colonia di leoni marini, anche se un po’ da lontano, i guanachi.

Coiche, che è lo struzzo della Patagonia, più piccolo di quello africano che normalmente siamo abituati a vedere.

Mara, la lepre della Patagonia simile ad un incrocio tra una lepre europea e un piccolo canguro.

Durante il percorso siamo stati “accompagnati” dai bellissimi i panorami di questa parte della penisola Valdes, dalla Caleta Valdes alle saline abbandonate che si colorano di rosa al tramonto, cieli blu, e tramonti mozzafiato. Direi che questa ultima tappa della Patagonia, che è uno dei siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO ci ha fatto salutare la, regione nel migliore dei modi.









































Ringrazio stavolta, in maniera particolare, Elena della Quarzo Viaggi, lei conosce il motivo.

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